lunedì 24 ottobre 2011
Wikileaks è rimasto senza soldi il sito di Assange a rischio chiusura
Julian Assange, il giovane anarchico dai capelli bianchi è solo, assieme alla sua ciurma. Sottoposta a uno strangolamento economico che non ha precedenti, Wikileaks sta morendo. Da quando PayPal, Visa, Bank of America, Mastercard e Western Union hanno bloccato le donazioni in favore dell'organizzazione mancano i soldi per far fronte alle numerose cause legali in piedi in buona parte del globo, prima fra tutte quella che vede impegnato lo stesso Assange, per un presunto doppio stupro avvenuto in Svezia, pagare gli stipendi ai tecnici informatici che mantengono in piedi i server, far fronte alle spese di tutti i giorni.
Per questo Assange e compagni hanno deciso di interrompere la pubblicazione di materiale scottante – affermano di averne ancora molto, nei loro data center blindati – e concentrarsi sulla raccolta dei fondi. “Il blocco finanziario ha distrutto il 95 % delle nostre entrate – ha dichiarato l'australiano, nel corso di una conferenza stampa tenutasi oggi a Londra”. Per la portavoce di Wikileaks, Kristinn Hrafnsson, si tratta di una stima per difetto, considerato che nel 2010 l'organizzazione era arrivata a ricevere più di 100.000 euro al mese e nel 2011 il flusso si è quasi prosciugato, con incassi di sei o settemila euro mensili.
Secondo Hrafnsson l’organizzazione ha perso nel complesso 40-50 milioni di euro. Ora, per sopravvivere, ha bisogno di racimolare 3,5 milioni di dollari per poter poter continuare ad operare agli stessi livelli degli scorsi 12 mesi. Assange, per aggirare il problema, aveva provato a sollecitare donazioni con sistemi inusuali, come i piccoli pagamenti effettuabili in alcune nazioni mediante il telefonino, ma si tratta di paliativi che non risolvono certo la questione; per questo, l'ex hacker trasformatisi in uno degli uomini più temuti, e detestati dai diplomatici di tutto il mondo, ha deciso di percorrere un'altra strada: poche donazioni di un certo peso, provenienti da alcuni magnati che lo spalleggiano.
Persone come l'inglese Vaughan Smith proprietario della dimora di campagna in cui da quasi un anno Assange si trova agli arresti domiciliari, col timore di essere estradato in Svezia e da lì, in un modo o nell'altro, negli Usa, dove potrebbe essergli riservato un trattamento simile o peggiore di quello di cui, da un anno e mezzo, è fatto oggetto Bradley Manning il soldato sospettato di aver consegnato a Wikileaks migliaia di dispacci dei diplomatici americani in tutto il mondo. Dover ricorrere alla filantropia non è cosa che possa rendere felice un tipo insofferente ad ogni autorità come Assange: “potrebbe intaccare la nostra autonomia – ha sottolineato”. Resta la via legale: Wikileaks ha chiesto alla Commissione Europea di aprire un'indagine su Visa e Mastercard: la decisione di Bruxelles è attesa per il 15 novembre.
In questo caso, l'accusa per le società americane è quella di abuso di posizione dominante e discriminazione fra i consumatori ma, al di là della specifica imputazione, il blocco finanziario che sta uccidendo Wikileaks appare frutto più della persuasione del Dipartimento di Stato americano e dell'arbitrio che sostenuto da una qualche base giuridica. Persino il Congresso Usa ha dichiarato che non ci sono i presupposti per inserire il sito di Assange nel novero delle organizzazioni terroristiche sottoposte a particolari restrizioni.
E così, mentre gruppi come il Klu Klux Klan possono continuare a ricevere tranquillamente donazioni attraverso PayPal o le maggiori carte di credito, Wikileaks ne resta esclusa. Viene in mente una vignetta circolante qualche tempo fa in Rete che accostava il fondatore di Wikileask a Mark Zuckerberg. Il fumetto di Assange diceva: “Io vi fornisco gratis informazioni riservate sulle aziende e sono il cattivo”. Quello del secondo: “fornisco le vostre informazioni private alle aziende per soldi e mi hanno fatto Uomo dell'anno”. A buon intenditor...
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