Il blocco era stato richiesto, e ottenuto, dalla multinazionale della moda Moncler nell'ambito di una campagna contro la vendita di prodotti contraffatti online. Il giudice - che ha giudicato "esorbitante" l'oscuramento - ha invitato a raccogliere altre prove che permettano di confermare il reato. Una sentenza che evita i sequestri facili dei siti.
D'ORA in avanti sarà più difficile sequestrare un sito web in Italia e i provider internet difenderanno i diritti degli utenti contro eventuali abusi dei detentori di marchi e diritti d'autore. I provider (attraverso le associazioni Aiip e Assoprovider) hanno vinto infatti per la prima volta un ricorso con cui si opponevano a un ordine di sequestro. Il Tribunale di Padova oggi ha annullato quello di 493 siti, richiesto e in precedenza ottenuto dalla multinazionale della moda Moncler 1 nell'ambito di una campagna contro la vendita di prodotti contraffatti online.
Il sequestro è stato però ingiustificato, secondo il giudice delle indagini preliminari Lara Fortuna, che firma il provvedimento che lo annulla. Motivo: non ci sono elementi sufficienti per ritenere che quei siti vendano prodotti contraffatti, visto che il solo elemento provato era il nome "Moncler" negli indirizzi web. Il che, secondo il giudice, giustifica la prosecuzione degli indagini, ma non l'oscuramento preventivo dei siti. Per il quale servirebbe invece un nesso "certo" tra il nome del sito e il reato. Il giudice definisce quindi "esorbitante" l'oscuramento e invita a raccogliere altre prove che permettano di confermare il reato.
È un passaggio cruciale della sentenza: significa- proprio come affermavano i provider- che è esagerato sequestrare i siti senz'altra prova che un indirizzo sospetto. Il rischio era quello di inaugurare l'era dei sequestri facili e sbrigativi del web: una linea dura che certo potrebbe piacere ai detentori di marchi e di diritto d'autore. Ma che porta con sé un pericolo: di fare mattanza di siti magari innocenti, finiti nel mucchio di una grande lista (come quella di Moncler), per reati che vanno dalla violazione del diritto d'autore alla diffamazione.
Insomma, il provvedimento di Padova è il primo freno al sequestro facile e chiede maggiore cautela nell'usare quest'arma, in precedenza adoperata a volte con una certa leggerezza. Moncler ribadisce aRepubblica.it di aver chiesto di oscurare i siti per "tutelare i propri consumatori dall'acquisto di prodotti contraffatti". E che questo reato accumunava tutti i 493 siti, almeno al momento della denuncia (a una nostra verifica molti di loro erano invece inattivi o vuoti subito dopo l'ordine del sequestro). Moncler afferma quindi di non aver mai chiesto il sequestro di siti che si limitino a contenere quel nome nell'indirizzo; ma lo fa solo per quelli che effettivamente vendono merce contraffatta.
Fatto sta che secondo quest'ultimo provvedimento del Tribunale di Padova non c'erano elementi sufficienti a conferma di tale reato. E tanto basta perché i provider possano parlare di "vittoria storica". "Questo cambierà tutto. Significa che i provider possono finalmente porsi a tutela degli utenti, opponendosi d'ora in avanti ai sequestri che ritengono illegittimi", dice Fulvio Sarzana, avvocato dei ricorrenti ed esperto di diritto di Internet. In precedenza, i provider non erano nemmeno riusciti a far discutere in aula un proprio ricorso contro un sequestro. I tribunali- nel caso dell'oscuramento di The Pirate Bay, per esempio- avevano sostenuto che i provider non avessero diritto di opporsi, perché non erano imputati dell'eventuale reato. Il Gip di Padova, a quanto si legge nel provvedimento, riconosce invece anche questo diritto. Forse d'ora in avanti quindi sarà meno facile far sequestrare un sito web. Ad oggi sono 6 mila quelli bloccati in Italia, di cui 900 per pedopornografia e 2.500 per giochi e scommesse clandestine. I provider vogliono porre un freno agli oscuramenti per altri tipi di reati: pirateria, contraffazione e diffamazione, che riguardano i restanti 1.500 siti.
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