sabato 31 dicembre 2011

L'iPhone avrà il riconoscimento facciale

iPhone Riconoscimento FaccialeLa Apple è sempre alla ricerca di novità interessanti da dare ai suoi utenti iPhone. Tra le novità che a breve potremmo aspettare di vedere sull’iPhone, ci sarà la possibilità di sbloccare il telefono semplicemente con il proprio volto, tramite la funzione diriconoscimento facciale.
Niente più pin da ricordare e da digitare, basterà avvicinare il telefono al proprio volto affinché il software ci riconosca e ci abiliti l’uso del telefono. Si tratta di una novità che per alcuni versi potrebbe essere decisamente interessante, mentre per altri potrebbe mettere a repentaglio addirittura la sicurezza del telefono. Apple già usa un sistema di riconoscimento facciale per le fotografie che vengono scattate dall’iPhone. iOS riconosce fino a 10 volti in ogni foto e focalizza l’obiettivo su quello che, di volta in volta, è più prominente. All’incirca lo stesso metodo, ma con un grado maggiore di precisone, verrà utilizzare per il riconoscimento facciale di sblocco del telefono.
La tecnologia che la Apple metterà in campo si chiama “low threshold face recognition” ed è progettata per lavorare perfettamente anche in diverse situazioni di luce. Il software dovrebbe effettuare un riconoscimento decisamente avanzato, dato che oltre ai tratti caratteristici, come l’altezza degli zigomi o la prominenza della mascella, verrà preso in considerazione anche il colore della pelle e le sue sfumature.

Questo significa un livello di sicurezza ancora maggiore ma, ovviamente, la necessità di reimpostare il riconoscimento facciale nel caso in cui il nostro viso dovesse subire delle modifiche, ad esempio per una operazione di chirurgia plastica, per una più semplice abbronzatura o, per gli uomini, per la barba più o meno lunga.
Apple ha depositato il brevetto di sblocco con riconoscimento facciale oltre 12 mesi fa, ma già altre aziende lo hanno integrato nei loro smartphone. Google, ad esempio, usa un sistema di riconoscimento facciale simile a quello di Apple. Voi che cosa ne pensate? Vi piace l’idea?

Un app dal nome Siri sbarca anche sull’Android Market

Il titolo e l’argomento sembra abbastanza strano ma da notizie che arrivano dalla rete è stato possibile scoprire che sull’Android Market, centro di download delle applicazioni per il sistema operativo di Google, sia comparsa un applicazione che prende un nome davvero particolare e conosciuto, Siri.
L'app Siri sbarca anche su Android Market
Con l’uscita simultanea avvenuta sull’iPhone 4S, Siri è subito balzata sotto i riflettori degli utenti finali e degli addetti ai lavori come una delle novità più interessanti introdotte ultimamente da Apple. Abbiamo visto comeGoogle sia corsa subito ai ripari mettendo subito al lavoro i propri tecniciper sfornare, nel piùù breve tempo possibile, un software che possa contrastare le caratteristiche del sistema vocale di Apple.
Oggi vediamo che sul Market di Android è comparsa l’applicazione denominata Siri per Android, che dopo sole poche ore dal rilascio ha accumulato oltre 1000 download  e un 3 e mezzo come media di valutazione. Come probabilmente avete indovinato, Siri per Android è un falso.
Siri per Android non è un clone dell’applicazione prodotta da Apple, ma bensì risulta essere un collegamento al controllo vocale integrato da Google nel sistema operativo. Siri per Android  traein inganno gli utenti in quanto utilizza la stessa icona con cui viene rappresentata tale funzione sull’iphone 4S. Da una parte questo dimostra come il sistema di controllo di Google è decisamente superficiale, in quanto l’app approvata va a violare il copyright di proprietà Apple, dall’altra pensiamo che l’azienda di Cupertino sarò già pronta per dare battaglia anche in questo campo ed in tempi molto veloci. Al momento nessuna comunicazione in merito è stata rilasciata dal proprietario dell’Android Market, ovvero Google.

Netgear Ampliare la rete con i Wireless Extender

Fino a pochi anni fa il concetto di rete digitale "ristretta" riguardava soltanto gli ambienti lavorativi dove l'installazione di server ed altre costose apparecchiature rendeva possibile la condivisione interna dei dati e di una serie di di funzionalità e servizi. Ma in poco tempo molta acqua è passata sotto i ponti, tanto che la diffusione delle reti domestiche ha rappresentato e rappresenta uno dei fenomeni tecnologici e di mercato più rilevanti degli ultimi tempi. Un settore nel quale operano più aziende specializzate ed una delle più note è senz'altro l'americana Netgear. In particolare, da quest'ultima arrivano delle soluzioni molto interessanti volte a superare gli ostacoli che più frequentemente si presentano all'interno di un'abitazione quando ci si accinge ad installare od estendere una rete. Un duplice esempio sta in una coppia di prodotti di recente realizzazione che riescono ad estendere il raggio d'azione di una rete wireless portandolo in ambienti della casa dove il segnale non era precedentemente captabile dai device presenti, siano essi computer piuttosto che tablet, smartphone o altro ancora.

Un prodotto davvero ingegnoso è il WN3000RP "Universal WiFi Range Extender" (foto in apertura). Ci troviamo infatti di fronte ad un congegno di piccole dimensioni, un parallelepipedo dotato di due antenne ed una spina elettrica, capace non solo di ampliare la portata del segnale di wireless, ma di farlo con una semplicità disarmante, come ci ha confermato la prova d'utilizzo. Il funzionamento è presto detto: il WN3000RP capta la rete wireless esistente e ne aumenta il raggio grazie alle sue antenne, con benefici evidenti soprattutto in abitazioni disposte su piani sfalsati, piuttosto che di dimensioni medio-grandi o comunque dove esistono sono parecchi ostacoli fisici, in primis i muri, fra il router Adsl e i device che devono ricevere il suo segnale. Ma, come detto, a colpire ancor di più è la facilità nell'installazione. L'unica accortezza suggerita è quella di posizionare il Range Extender in una posizione pressappoco a metà fra il router e la parte dell'abitazione dove si vuole estendere il segnale. A questo punto, una volta collegato ad una presa elettrica, il WN3000RP rileva la rete Wi-Fi esistente ed offre due modalità per agganciarsi ad essa: o sfruttando il protocollo WPS (acronimo di Wi-Fi Protected Setup), qualora il router sia anch'esso predisposto in tal senso, o eseguendo l'operazione da pc. Nel primo caso per stabilire la connessione è sufficiente schiacciare nell'ordine i pulsanti WPS del router e del Range Extender; nel secondo caso sarà il computer (ovviamente dotato di connettività Wi-Fi) ad "accorgersi" della presenza del device Netgear, ed a quel punto basterà aprire il browser del pc per entrare in una configurazione guidata che in pochi passi aggancerà il Range Extender alla rete. Una volta in uso, il WN3000RP svolge egregiamente il suo compito portando a forte intensità, nei locali desiderati, il segnale fin lì debole.

Net2Meno sorprendente, ma altrettanto efficace, il lavoro svolto dall'extender kit di Netgear denominato Powerline AV 200. In questo caso siamo di fronte ad una strategia "combinata" per estendere la portata della rete wireless. Infatti, per veicolare il segnale si sfrutta sia la rete elettrica dell'abitazione che il Wi-Fi. A differenza del Range Extender, nella confezione sono presenti due congengi, dalle dimensioni comunque simili a quelle del primo prodotto testato. Il primo apparecchio, denominato Powerline AV 200 Adapter, va collegato alla presa elettrica e, tramite uno dei due cavi Ethernet in dotazione, al nostro router. In tal modo, a configurazione effettuata, sarà in grado di connettersi alla rete ed immetterne il segnale nella rete elettrica. Il secondo apparecchio, denominato Powerline AV 200 Wireless-N Extender, va collegato ad una presa posta all'interno o nelle vicinanze degli ambienti dove si vuole estendere il segnale. Così facendo, il device preleverà il segnale dalla rete elettrica e lo diffonderà in modalità Wi-Fi. Quanto alla configurazione, anche in questo caso è abbastanza semplice e può avvenire sfruttando il citato WPS piuttosto che ricorrendo al Cd in dotazione. Quest'ultima modalità richiederà il collegamento del Wireless-N Extender ad un computer attraverso il secondo cavo Ethernet in dotazione, salvo poterlo scollegare una volta che l'apparecchio sarà configurato. Una volta in uso, anche il kit Powerline AV 200 si è rivelato molto efficace nello svolgere il suo compito, con il plus dello sfruttamento della rete elettrica che può quindi creare una zona Wi-Fi a considerevole distanza dal router.
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Le dieci app per smartphone più scaricate nel 2011

Puntuali come gli Sms a mezzanotte arrivano le top ten o i best of del 2011. Tra queste liste non manca quella delle applicazioni per smartphone più scaricate dell’anno. Secondo la società specializzata Distimo, al primo posto della top ten (che considera il solo mercato americano) c’è ancora Angry Birds, popolare gioco per iPhone che nel 2011 è stato distribuito anche negli altri App Store (tutti tranne quello di Rim BlackBerry).

Rovio Mobile, l'azienda che lo ha realizzato, non si accontenta del primo posto e strappa anche una quarta posizione con la variante Angry Birds Rio e la settima con Angry Birds Season. Al secondo posto Facebook, al terzo Skype, poi Google Maps, iBooks, solo per iPhone e iPad, e altri due giochi, Fruit Ninja e Talking Tom Cat, Twitter chiude la classifica al decimo posto. Tutta roba gratuita, o quasi.

Un’altra classifica, che si basa su un criterio molto più complesso del puro download score, è quella stilata da Mobilewalla. Qui le cose si complicano a causa dei diversi parametri considerati (per esempio il giudizio degli utenti e il “sentiment” sui social media). E finalmente emergono App diverse dalle top ten nominate prima.

Per esempio Pixlr-o-matic applicazione gratuita per Android che crea un filtro retro alle foto. MLB, per seguire statistiche e risultati della Major League di Baseball americana troneggia tra le app gratuite per iPhone a seguire, tra i soliti giochi, l’App di Craiglist e un sistema per proteggere le foto sull’iPhone. I giochi troneggiano nelle chart Android e iOS segno evidente che gli smartphone con quei sistemi operativi sono i più indicati per giocare.

Tra le applicazioni gratuite più scaricate per BlackBerry niente di “giocoso”, gli utenti Rim sono troppo seri. Si va da Memory Booster all’ottimo BlackBerry Protect per salvare i dati su un server remoto, mentre non si comprende perché gli utenti Rim paghino per scaricare temi animati per il proprio smartphone.

Infine, gli utenti Windows Phone prediligono l’applicativo per lo streaming Fm radio e sono disposti a pagare per avere il Meteo Live e un’interfaccia che emula le icone dell’iPhone (della serie vorrei ma non posso?).
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L'Italia, un paese felice e lo scrive su Facebook


Tristi o allegri, annoiati o ottimisti. Lo spirito degli italiani nel 2011 in una mappa disegnata dai social network. E da chi vi ha raccontato il suo umore di RICCARDO LUNA

SIAMO STATI felici, nonostante tutto. Anzi lo siamo diventati. Da agosto, sicuramente il mese nero per la felicità oltre che per le Borse, c'è stata una lenta rincorsa. Fino a novembre quando, in coincidenza con le dimissioni di Berlusconi, la felicità è esplosa e questa crescita non si è più fermata. Anche la preoccupazione, però è esplosa a novembre e continua a crescere. Mentre l'ottimismo, uno stato d'animo praticamente ignoto quest'anno fino all'insediamento del governo Monti, si starebbe già incrinando.

Siamo stati felici, dunque. Anche confusi, strani, tristi, tesi. A volte preoccupati e disperati. Ma felici di più. E questo probabilmente perché la felicità è spesso un fatto privato, intimo, legato agli affetti e alle realizzazioni personali più che ai grandi fatti del mondo. La novità è che i nostri sentimenti li abbiamo scritti su Facebook. Per tutto il 2011.

Migliaia e migliaia di aggiornamenti di status, parole lasciate sulla bacheca del proprio profilo, commenti a grandi e piccoli fatti. Per noi erano sentimenti da condividere con gli amici in rete; ma dal punto di vista di un computer, gli stati d'animo sono soltanto dati. Una valanga di dati.

Big Data, li chiamano in inglese. Così sono stati presi e analizzati in tempo reale da un motore di ricerca semantico che ha un nome latino (Cogito); dopo di che sono stati suddivisi in una cinquantina di categorie dello spirito, minuto per minuto. Provando in tal modo a rispondere ad una domanda banale eppure difficilissima: noi, iTaliani, come stiamo oggi? E quindi, alla fine dell'anno, come siamo stati in questi dodici mesi?

Il progetto si chiama Italian Mood ed è stato realizzato dai ricercatori del Cattid, un laboratorio tecnologico della università la Sapienza di Roma. Era una installazione di Stazione Futuro, la mostra sulla innovazione realizzata a Torino per le celebrazioni di Italia150. Il primo a utilizzarla in pubblico è stato Giorgio Napolitano. È accaduto il 18 marzo scorso, in occasione della inaugurazione: il presidente della Repubblica si è fermato a lungo davanti ai cerchi colorati che indicavano i differenti umori italici. Poi ha voluto aggiungere il proprio status: "Scriva, per favore: Soddisfatto. Punto. Oggi. Punto.".

Il tentativo di usare la rete e i social network per studiare lo stato d'animo del mondo sta diventando una cosa seria. "Un paio di anni fa Facebook lanciò un Gross National Happiness Index che misurava la felicità interna lorda nei vari paesi - ricorda lo studioso del web Vincenzo Cosenza - L'ultima rilevazione è del maggio 2010 ma non hanno mai dichiarato ufficialmente di aver interrotto il progetto".

In realtà per le analisi sociali è il momento di Twitter: infatti il social network da 140 caratteri è considerato molto più adatto a capire "come sta il mondo". E questo per almeno due motivi. Il primo è che quello che scriviamo su Facebook è solo in piccola parte accessibile da terzi; su Twitter invece la stragrande maggioranza dei profili sono pubblici, tutti possono leggere tutto.

Il secondo motivo è la quantità: si calcola che ogni giorno vengano mandati in rete 230 milioni di tweet, una messe di dati che aumenta vertiginosamente dopo i grandi fatti di cronaca come i terremoti quando il flusso può raggiungere picchi di oltre 5mila messaggi al secondo.

"Con Twitter è come avere un microfono che ascolta in tempo reale tutte le conversazioni mondiali", ha spiegato qualche giorno fa in un convegno a Torino il ricercatore della Northeastern University di Boston, Alan Mislove per il quale "ogni singolo messaggio, da solo, non dice molto, ma quando li metti tutti assieme e li fai analizzare da un computer rivelano verità che possono anche spaventare".

Lo scorso anno Mislove ha analizzato 300 milioni di tweet e ha scoperto che gli stati d'animo agiscono secondo schemi predeterminati dalle ore del giorno (siamo più felici al mattino e la sera tardi), e dai giorni della settimana (stiamo meglio dal venerdì alla domenica). Prevedibile? Forse sì, ma il bello viene adesso ed è questo a spaventare semmai: infatti ci sono centinaia di scienziati che stanno provando ad usare i dati che vengono dai social media non solo per raccontare il passato ma per prevedere il futuro. Cose come: che film vedremo, cosa faremo in Borsa e addirittura per chi voteremo. Twitter, forse, lo sa.

Fare questa operazione può assomigliare al tentativo di fare l'oroscopo del pianeta: una cosa che ha poco senso; in realtà è un nuovo filone di ricerca di grande successo per informatici, ingegneri, fisici e sociologi che appartiene alla "scienza dei sistemi complessi".

Sorprenderà alcuni scoprire che nel primo team che si è occupato seriamente di queste cose, ormai otto anni fa, c'erano, in posizione di leadership, tre italiani. Tre "cervelli in fuga": il fisico Alessandro Vespignani che era a Parigi; l'informatico Filippo Menczer che era nello Iowa; e lo statistico Alessandro Flammini che faceva la spola fra il Mit di Boston e Losanna. Li aveva riuniti un preside della università dell'Indiana, Mike Dunn il quale aveva intuito che con l'esplosione dei social network e dei new media, l'informatica e le scienze sociali erano destinate a sposarsi, anzi, a ibridarsi.

Ai tre italiani si affiancarono l'esperto di intelligenza artificiale Luis Rocha e un mago di analisi semantica, Johan Bollen. "Decidemmo presto di usare Twitter come base dati", ricorda Vespignani (che oggi lavora alla Notheastern University). Il primo progetto metteva in relazione le conversazioni in rete e la diffusione delle epidemie, permettendo di tracciarle e individuarle con buon anticipo rispetto ai rilevamenti ufficiali (esempio: se tutti parlano di influenza in un dato posto, vuol dire che probabilmente è arrivata).

Ma ben presto Bollen propose di spostare l'attenzione sulla finanza: "L'ipotesi era che gli andamenti di Borsa influissero sugli umori delle persone", ricorda Vespignani, "in realtà scoprimmo che avveniva il contrario". Lo stato d'animo delle persone influiva sulla Borsa, ne determinava la crescita o la caduta. Analizzando i tweet, Bollen era infatti in grado di prevedere cosa sarebbe accaduto sui mercati addirittura con tre o quattro giorni di anticipo. Nel caso del Dow Jones della Borsa di New York, l'accuratezza era dell'86 per cento.

Lo studio venne pubblicato nell'ottobre 2010: tanto è bastato, perché un filone di ricerca divenisse uno strumento per fare soldi. Lavorando assieme alla università di Manchester, Bollen ha infatti realizzato un algoritmo e lo ha ceduto alla Derwent Capital Markets di Londra che a sua volta ha predisposto un apposito fondo di prodotti finanziari esplicitamente basati su Twitter. Funziona così: analizza il dieci per cento di tutti i tweet e li divide in sei stati d'animo (calmo, allarmato, sicuro, vitale, gentile, felice).

Il resto sono le classiche regole dei mercati: "Quando le persone su Twitter manifestano ansia per i soldi, dopo due o tre giorni sappiamo che ci sarà un crollo", ha spiegato il fondatore della Derwent, Paul Hawtin. Banale? Finora ha funzionato: lo scorso luglio la Derwent ha reso noto che mentre l'indice Standard & Poor 500 aveva perso il 2,2 per cento, il loro fondo aveva guadagnato l'1,85. Sono tanti soldi.

Ormai di fondi che usano Twitter ce ne sono decine, secondo il Wall Street Journal. Nel frattempo il Social Computing Laboratory della Hewlett Packard, con lo stesso metodo è riuscito a prevedere il successo o il flop di 24 film. E il team dell'università dell'Indiana ha lanciato il progetto Truthy, che studia come le reti sociali influenzano la politica e quindi determineranno gli esiti della prossima corsa alla Casa Bianca per esempio. I proprietari di Twitter si sono accorti di essere seduti su una montagna di dati preziosi, e quindi di soldi.

Ergo, se all'inizio il team di Vespignani aveva avuto accesso ai tweet gratis per fini scientifici, ora i tweet vengono venduti a tutti con una rata minima di 360mila dollari l'anno. Ma c'è anche una conseguenza "filosofica": le previsioni di comportamenti collettivi li amplificano fino a determinarli. Insomma, se un algoritmo che si basa sui tweet dice che la Borsa andrà a fondo, tutti venderanno e la Borsa andrà ancora più a fondo. Twittate con prudenza.

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Poca chiarezza e garanzia limitata l'Antitrust multa la Apple


Sanzione di 900 mila euro contro il colosso dell'informatica colpevole di non informare in modo adeguato i consumatori sui diritti di assistenza gratuita biennale

ROMA - Sanzioni per complessivi 900mila euro al gruppo Apple responsabile di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori. Le ha decise l'Antitrust al termine di un'istruttoria che ha provato sia "la non piena applicazione ai consumatori, da parte delle società del gruppo Apple operanti in Italia, della garanzia legale biennale a carico del venditore", sia "le informazioni poco chiare sugli ambiti di copertura dei servizi di assistenza aggiuntiva a pagamento offerti da Apple ai consumatori".

Un comunicato dell'Autorità 1garante per la concorrenza e il mercato precisa che "secondo quanto ricostruito dagli uffici dell'Antitrust, anche alla luce di numerose segnalazioni arrivate dai consumatori e da alcune associazioni, le tre società del gruppo, Apple Sales International, Apple Italia S. r. l. e Apple Retail Italia hanno messo in atto due distinte pratiche commerciali scorrette:

1) presso i propri punti vendita e/o sui siti internet apple.com e store.apple.com, sia al momento dell'acquisto che al momento della richiesta di assistenza, non informavano in modo adeguato i consumatori sui diritti di assistenza gratuita biennale previsti dal Codice del Consumo, ostacolando l'esercizio degli stessi e limitandosi a riconoscere la garanzia convenzionale del produttore di 1 anno;

2) le informazioni date su natura, contenuto e durata dei servizi di assistenza aggiuntivi a pagamento AppleCare Protection Plan, unite ai mancati chiarimenti sull'esistenza della garanzia legale biennale, erano tali da indurre i consumatori a sottoscrivere un contratto aggiuntivo quando la 'copertura' del servizio a pagamento si sovrappone in parte alla garanzia legale gratuita prevista dal Codice del Consumo".

"Le sanzioni - prosegue la nota dell'Autorità - sono pari a 400mila euro per la prima pratica e 500mila per la seconda pratica. Per la prima pratica, l'Autorità ha infatti tenuto conto delle modifiche adottate dalle società del gruppo nel corso del procedimento, in grado di garantire una migliore informazione ai consumatori, riducendo così il massimo edittale di 500mila che è stato invece applicato per la seconda pratica".

Le società, oltre a cessare le pratiche e comunicare all'Autorità le misure assunte per ottemperare al provvedimento, dovranno pubblicare un estratto della delibera dell'Antitrust sul sito www.apple. com in modo da informare i consumatori.

La società Apple Sales International, infine, entro 90 giorni, dovrà adeguare le confezioni di vendita dei servizi AppleCare Protection Plan, inserendo l'indicazione sulla esistenza e durata biennale della garanzia di conformità nonché indicando correttamente la durata del periodo di assistenza con riferimento alla scadenza della garanzia legale di conformità.
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I pirati di Anonymous pubblicano 860mila indirizzi email rubati a Stratfor. Circa 3200 sono italiani


Oltre il danno, anche la beffa. I pirati informatici di Anonymousannunciano di aver pubblicato su internet gli indirizzi di posta elettronica rubati pochi giorni fa dalla banca dati di Stratfor, un gruppo di analisti sulla sicurezza globale. Sono 860.162 nominativi di email: è l'equivalente dell'elenco telefonico di una città delle dimensioni di Torino. Il documento include anche 75mila dati su carte di credito.
Gli indirizzi italiani sono circa 3200: appartengono a università, ministeri, pubblica amministrazione, gruppi editoriali, forze armate, banche, assicurazioni, aziende, utenti. La lista è simile a un atlante geografico e rivela, tra le altre, email riferibili all'esercito e alla burocrazia degli Stati Uniti, identificati dalle parole ".mil" e ".gov". Inoltre gli hacker nel loro messaggio hanno comunicato che per Capodanno lanceranno un «attacco a obiettivi multipli delle forze dell'ordine da una costa all'altra» nell'ambito dell'operazione "mayhem", iniziata nel corso dell'anno.

Dopo alcune settimane di calma, quindi, gli hacker riprendono gli attacchi. Ma l'episodio ai danni di Stratfor segna un'ulteriore spaccatura tra i pirati informatici. Il nocciolo del gruppo di Anonymous critica il furto delle carte di credito. E in un comunicato punta il dito contro Sabu, leader della squadra di LulzSec: già in precedenza ha riversato su internet informazioni sui codici per pagare online. Sottolinea inoltre che «come fonte d'informazione, il lavoro di Stratfor è protetto dalla libertà di stampa». Molti hacker di LulzSec, però, fanno parte anche di Anonymous. E aumenta l'attrito tra i due gruppi.
In seguito all'incursione contro Stratfor i pirati sono entrati in possesso di 200 Gigabyte: è la quantità di informazioni contenute in circa 142 dvd da 1,4 Gigabyte. Hanno sottratto la lista delle persone che erano registrate per ricevere un messaggio quotidiano di posta elettronica (una newsletter) con aggiornamenti su argomenti di intelligence e sicurezza. Ma il volume dei dati lascia supporre che abbiano ottenuto anche altri documenti.

giovedì 22 dicembre 2011

Twitter, ecco chi sono i Vip più 'cinguettanti'

La Pausini regina, secondo Jovanotti. Al terzo posto Fiorello
Fiorello entra subito al 3° posto, Michelle Hunziker e Gerry Scotti all’11° e 12°, mentre Marco Baldini, Beppe Fiorello e Fabio Volo si piazzano rispettivamente 14°, 16° e 18°
La calata dei personaggi televisivi mette a rischio il dominio delle star della musica su Twitter. Se il 2010 aveva visto le star della musica e alcuni pionieri dominare la scena di Twitter, ora il ‘ciclone’ Fiorello, che a settembre ha aperto la strada alle iscrizioni di molti nomi celebri dello spettacolo, ha inciso fortemente sulla classifica dei VIP più seguiti nel 2011, stilata dall’Osservatorio Social VIP del blog Pubblicodelirio.it.

neo-twitteri della radio e della tv hanno visto crescere velocemente i loro follower, forse beneficiando dell’audience delle trasmissioni. Ed ecco che Fiorello entra subito al 3° postoMichelle Hunziker e Gerry Scotti all’11° e 12°, mentre Marco Baldini, Beppe Fiorello e Fabio Volo si piazzano rispettivamente 14°, 16° e 18°.
Anche chi era già su Twitter ha goduto dell’ondata positiva. Laura Pausini si conferma regina, seguita daJovanotti. Dal 4° all’8° troviamo Ligabue, Trio Medusa, Sabina Guzzanti, Benny Benassi, Luca Bizzarri. In questo ultimo scorcio di anno, Nicola Savino soffia invece il 9° posto al rapper Fabri Fibra.

Nella Top 100 spiccano la veloce crescita di Melissa Satta, Luca Argentero Simona Ventura, dalla 21° alla 23° posizione, di Federica Panicucci (36°), Roberto Bolle (43°) e Ezio Greggio (48°).

I FALSI - Tra i fake più seguiti dell’anno stravince Alessia Marcuzzi, che ha superato i 75.000 follower prima che l’account venisse chiuso a dicembre in seguito alla minaccia di denuncia della conduttrice del Grande Fratello. Medaglia d’argento per il falso Paolo Bonolis, con piùdi 65.000 follower, che ha dovuto sparire per la rivolta della rete dopo che il vero presentatore ha confidato a Kalispera di non essere su Twitter.
Bronzo, ma con riserva, a Belen Rodriguez che, nonostante il suo profilo seguito da 14.000 persone sia segnalato sul sito ufficiale, si è lanciata contro l’impostore che l’avrebbe messa in difficoltà con dichiarazioni non vere.

Dock, ma non solo per iPod

Quattro gadget che suonano, belli da vedere tutto l'anno ma perfetti sotto l'albero da Natale

Ecco quattro gadget assai diversi, che però hanno una caratteristica comune: suonano. Volendo, se ne può trovare un’altra: sarebbero ottimi regali di Natale.

Finite Elements Hohrizontal 51
Finite Elements è una ditta tedesca che produce costosissimi accessori per Hi-Fi, roba da migliaia di euro per piedini da mettere sotto  le casse o il giradischi, ma da qualche tempo si sta orientando verso i complementi d’arredo, pur senza tradire l’originaria vocazione audiofila. I nuovi prodotti sono due: uno specchio che suona (Mirror 62, di cui sappiamo poco) e una mensola/dock per iPod e iPhone. Si chiama Hohrizontal 51 ed è appunto una mensola un po’ in stile Ikea che va fissata al muro e serve per mettervi libri, soprammobili o altro (regge fino a 25 kg). Il paragone con la serie Lack degli svedesi è però ingeneroso: Hohrizontal 51 ha vinto svariati premi per il design, incluso il prestigioso Red Dot Award, ed è in effetti un complemento d’arredo molto curato, discreto ma ottimamente rifinito. Soprattutto, però, è un fantastico dock per iPod e iPhone: il suono è ottimo, grazie ai due trasduttori frontali e agli altri due posizionati nella parte inferiore della mensola. Bassi ben profondi grazie ai 50 watt per canale, ottima separazione stereo (gli altoparlanti frontali sono a circa 90 cm l’uno dall’altro, molto più che in qualsiasi altro dock). Va fissato al muro, è compatibile con iPod (tutti i modelli) e iPhone, ma ci si può collegare  anche la tv, il computer o l’iPad, utilizzando l’ingresso per Mp3 o la porta Usb. C’è pure un bel telecomando.

599 euro
www. dptrade.it


Bose Wireless Soundlink
Robusto, ben rifinito, dallo stile classico e senza tempo, il Wireless Soundlink è l’ultima proposta dell'americana Bose nel campo dell’audio portatile, dopo decine di cuffie e dock per iPod. Non è particolarmente ingombrante ma è piuttosto pesante (1,5 kg), per il corpo in metallo ma anche per la batteria ricaricabile interna, che assicura un’autonomia di ben otto ore. Suona molto bene, anche se volume minimo le basse frequenze tendono a diventare eccessive e un po’ confuse. Alzando il volume, però, la qualità dell'audio è sempre molto buona e la distorsione praticamente inesistente; solo alla massima potenza le voci acquistano una certa tendenza alla nasalità. Il Soundlink si connette a smartphone e computer tramite Bluetooth, in un raggio di dieci metri; per gli altri apparecchi c’è il solito cavetto (in dotazione) che va collegato all’uscita cuffie. Una particolarità è la cover, che è smart come quella dell’iPad2: aperta si trasforma in base per il Soundlink, chiusa lo spegne automaticamente. Intercambiabile, è disponibile in diversi colori, sia in pelle che in nylon. Buon suono, ottimo stile.

299 euro
www.bose.it

Geneva XS
Piccolissimo, ingegnoso, un po’ snob (non per niente arriva dalla Svizzera), il Geneva XS è l’ultimo nato di una famiglia di dock per iPod/iPhone che comprende anche  modelli grandi come un comodino e mobili porta tv. Quando non è in uso, si richiude in una piccola pochette (non staccabile), che aperta funziona come base e permette di dare la giusta inclinazione agli altoparlanti. Sono cinque: quattro piccolissimi per le frequenze alte, uno un po’ più grande impiegato come woofer. Di bassi veri e propri, considerate le dimensioni, non si può davvero parlare, ma - specie a  volume moderato - il suono è sorprendente per precisione e spazialità. Si connette all’iPod e agli altri lettori Mp3 con il cavetto collegato all’uscita cuffia, mentre per iPhone, iPod Touch e smartphone di altre marche (ma anche computer) c’è il bluetooth. Ha batteria ricaricabile, orologio, sveglia, allarme, radio fm. Il Geneva Xs è disponibile in rosso, bianco e nero: leggero e robusto, è perfetto per i viaggi. A casa, il suo posto è sulla scrivania o accanto al letto. Ma proprio allora si avverte l’unico difetto: un costante fruscio di fondo, più evidente con la connessione bluetooth. Potrebbe riguardare solo l’esemplare provato, ma è comunque inspiegabile in un prodotto così ben pensato e realizzato.

199 euro
www.sounders.it


Logitech Tablet Speaker
Il Tablet speaker di Logitech ha un nome che dice già tutto. E’ un altoparlante per tablet, in forma di cilindro, sia pure non perfettamente circolare, anzi dalla sezione quadrata con gli spigoli molto arrotondati), che si aggancia a un lato di un iPad o altre tavolette. Un fermo a molla rivestito  di gomma permette di fissarlo senza che scivoli e consente  di dare al tablet la giusta inclinazione quando viene appoggiato su un piano. Sulla scatola è raffigurato un iPad, ma - pur se ottimizzato per la tavoletta Apple, - il piccolo gadget di Logitech è compatibile con quasi tutte le altre. Questo anche perché il segnale audio viene trasmesso tramite un semplice cavo mini-jack, quindi il Tablet Speaker in realtà si può usare con  smartphone, riproduttori di mp3, cd portatili e perfino con un walkman, a trovarne ancora uno.  Il suono è accettabile, se si pensa al prezzo non elevato e all’ingombro ridotto dello Speaker, ma certo non è comparabile con gli altri tre. In compenso, il Logitech è leggero e poco ingombrante, e ha incorporata una batteria ricaricabile (via Usb) per poter portare la musica sempre con sé.

39 euro
www.logitech.it

Adsl lenta, la riscossa dei consumatori in 6500 denunciano i disservizi all'Agcom


I dati pubblicati all'Autorità: sempre più italiani fanno valere i propri diritti. Un programma per verificare la velocità di navigazione. Interventi tecnici, rimborsi o sconti per chi va troppo lento. E se l'operatore non risolve il problema si può chiedere la recessione gratuita

ROMA - Se l'Adsl funziona male, è possibile costringere l'operatore a risolvere il problema, ottenere uno sconto o, al limite, disdire la linea gratis. È quanto ha fatto un crescente numero di italiani, nell'ultimo anno: lo dimostrano i dati pubblicati questa settimana da Agcom (Autorità garante delle comunicazione). Si riferiscono all'uso di Nemesys, uno strumento fornito dalla stessa Agcom sul sito Misurainternet.it 1.

Serve a un duplice scopo: testare la propria connessione Adsl e poi rivalersi sui propri operatori. Nel contempo, Agcom ha lanciato ieri la versione 2.0 di Nemesys: è un primo passo per renderlo più facile da utilizzare. In effetti, non sono tanti coloro che l'hanno usato in un anno: 6.500. Contro i 200 mila che hanno fatto un test alternativo, non istituzionale, di Sostariffe.it 2.

Di quelli, sono circa 300 coloro che hanno utilizzato i risultati di Nemesys per protestare, formalmente, con il proprio operatore (tramite raccomandata). Nel 40 per cento dei casi, l'operatore ha risolto il problema, che quasi sempre riguardava una velocità troppo bassa rispetto alle promesse (che sono circa 2,5 Megabit per le Adsl a 7 Megabit). Per il 25 per cento dei reclami, invece, il problema era irrisolvibile, al solito per colpa di un doppino di rame troppo lungo o difettoso.

L'operatore ha comunque soddisfatto l'utente, con uno sconto sul canone o permettendogli di disdire o cambiare gestore gratis (con un risparmio di circa 40 euro). Nel 30 per cento dei casi le proteste si sono rivelate invece infondate. Il restante 5 per cento sono reclami ancora in lavorazione. Le province da cui è arrivata la maggior parte di proteste fondate sono, nell'ordine, Roma (20 per cento), Torino (8 per cento), Napoli (7 per cento) e Milano (6 per cento).

Il tutto è comunque una buona notizia: i risultati di Nemesys dimostrano che gli utenti Adsl non sono più indifesi nei confronti dei propri operatori. Con la versione 2.0 il test è più facile, per altro: adesso non s'interrompe più quando rileva un po' di traffico (purché minimo) sulla connessione dell'utente. Agcom però lavora per rendere più popolare il test.

Entro marzo 2012 ne lancerà una versione molto rapida, che permetterà di testare la propria connessione Adsl ma non di protestare con l'operatore. Pensa inoltre di fornire test analoghi a Nemesys anche per i servizi banda larga mobili (Umts/Hspa). Agcom inoltre mira a pubblicare un rapporto che riveli la qualità reale delle Adsl italiane, su scala nazionale (al momento fornisce dati solo su quattro regioni, sul sito Misurainternet).

Da uno studio di Sostariffe.it risulterebbe che la velocità media reale è circa la metà di quella pubblicizzata. "I problemi più comuni di velocità riguardano le Adsl di operatori alternativi in wholesale (che forniscono cioè il servizio in modo non diretto)", spiegano dalla Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce Nemesys per conto di Agcom. Le città italiani minori sono costrette a utilizzare servizi di Telecom Italia o in wholesale, non essendo coperte da unbundling (rete diretta degli operatori alternativi).

Altri due problemi sono i doppini troppo lunghi (irrisolvibile: a volte è meglio una connessione wireless, Umts/Hspa, in questo caso) o le Adsl che funzionano a intermittenza, per le quali l'unica via è aprire una procedura di conciliazione con il proprio operatore. 
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I telefonini superano la tv


In Italia non esistono (quasi) famiglie con ragazzi sotto i 18 anni che non abbiano almeno un cellulare. Ma il fatto curioso è un altro: in queste case la televisione è meno diffusa della cornetta mobile, visto che si parla di un dittatoriale 99,7% di penetrazione dei telefonini contro un "magro", si fa per dire, 97% del piccolo schermo.
Parte da qui la fotografia dell'Istat sulle abitudini "tecnologiche" del nostro Paese, immagine di un'Italia da un lato sempre più attrezzata sul fronte hi-tech, ma dall'altro ancora portatrice (in)sana di gap profondissimi.
Guardando invece alla popolazione nel suo complesso, quello che l'Istat definisce tv color, utilizzando senza dubbio una definizione démodé, svetta ancora nella classifica dei beni tecnologici più diffusi (96,3% delle famiglie), seguita da cellulare (91,6%), decoder per il digitale terrestre (67,1%), computer (58,8%), accesso a internet (54,5%), antenna parabolica (36,4%) e console per i videogiochi (21,1%), quest'utlima una delle poche voci a diminuire insieme con i lettori dvd, i videoregistratori e le videocamere (si veda la tabella qui a fianco). 
Più computer per tutti, ma un'analisi più "sociologica" fa emergere un non del tutto scontato "classismo tecnologico": se si confronta la disponibilità di computer, accesso al web e banda larga, il divario tra i nuclei in cui il capofamiglia è un operaio e quelli in cui è un dirigente, un imprenditore o un libero professionista è di circa 24 punti percentuali a favore di questi ultimi. Detto in altre parole: se il papà è un manager il computer è presente nel 90% dei casi, quota che scivola al 66% se invece è un operaio. Eppure qualcosa non torna a livello economico, di capacità di spesa: il 41,7% delle famiglie dichiara di non andare in rete perché non ha le competenze per utilizzarlo e il 26,7% perché considera internet inutile e solo l'8,5% si astiene dal cyberspazio in quanto troppo costoso. Un problema culturale, quindi?
Gli italiani rimangono poi un popolo "sociale", almeno la metà digitalmente più attiva: nel 2011 quasi un internauta su due risulta iscritto a un social network (soprattutto Facebook, con oltre 21 milioni di account, mentre Twitter naviga sopra i 2 milioni, ma in crescita continua) e il rapporto è di tre su quattro per i più giovani.
Parlando invece di infrastrutture, come al solito l'Italia sfigura nella classifica europea di diffusione del web, banda larga inclusa. Secondo l'Istat, infatti, se la media comunitaria di diffusione della rete è del 73% il nostro Paese scende a quota 62% con Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca vicine alla saturazione della penetrazione del web. Ancora peggio se si parla di broadband: l'internet veloce in Italia registra un tasso di penetrazione del 52%, in fondo alla graduatoria e davanti solo a Grecia (45%), Bulgaria (40%) e Romania (23 per cento).
Dal punto di vista territoriale, rimane poi il divario tecnologico del Mezzogiorno. Le famiglie del Centro-Nord sono quelle meglio equipaggiate dal punto di vista tecnologico: qui il Pc è presente nel 61% delle case contro il 53% del Sud. Stesso discorso per accesso a internet (56% contro 48,6%) e soprattutto della banda larga, dove la differenza si accentua ancora di più con una diffusione nelle regioni settentrionali del broadband pari al 49% contro il 37,5% del Mezzogiorno. Curiosità: otto persone su dieci usano ancora il computer per spedire e ricevere la cara vecchia posta elettronica e oltre il 50% per leggere notizie e giornali online.

mercoledì 21 dicembre 2011

h1Siri presto verrà aggiornato e finalmente funzionerà correttamente e sopratutto legalmente


Qualche minuto fa, il CD – Team ha aggiornato il proprio blog personale annunciando che avevano terminato di migliorare l’ormai famoso porting di Siri denominato h1Siri. Grazie all’aggiornamento che verrà rilasciato a breve, questo porting diventerà finalmente funzionante e sopratutto legale grazie alla nuova buil di iOS 5.0.1.
Ecco l’aggiornamento della situazione riportato sul sito ufficiale degli hacker:
19/12/2011 – La versione beta di H1SIRI è pronta! sarà disponibile in pochi giorni, ricordiamo che questa versione open source e legale e sarà disponibile per i seguenti dispositivi:
iPhone 4 iOS 5.0 / 5.0.1 con WCDMA – CDMA iPhone 4 con iOS 5.0 / 5.0.1- iPhone 3G con iOS 5.0 / 5.0.1 – iPod touch con iOS 4 5.0 / 5.0.1
Dopo vari giorni di silenzio, finalmente il CD – Team ha dato una bella notizia a tutti i possessori di iPhone precedenti all’iPhone 4S. Grazie ad h1Siri, potremo portare il nuovo assistente vocale su tutti i dispositivi Apple.