RapidShare rivendica la propria diversità da Megaupload: la colpa non è nei file pirata, ma nei modelli che ne incoraggiano in caricamento online.
Megaupload era un sito che consentiva di caricare, scaricare e condividere i propri file. Molti altri servizi del tutto similari, una volta appresa l’iniziativa con cui DOJ ed FBI hanno portato sotto sequestro il sito di Kim Dotcom, hanno chiuso i battenti volontariamente o hanno almeno fatto un passo indietro, limitandosi a fungere da servizi di storage remoto senza alcuna funzionalità aggiuntiva. Un nome, però, sembra in questa fase distinguersi dalla massa: trattasi di RapidShare, che nel tempo ha tentato di percorrere una strada propria e che oggi non cambia opinione.
Megaupload era un sito che consentiva di caricare, scaricare e condividere i propri file. Molti altri servizi del tutto similari, una volta appresa l’iniziativa con cui DOJ ed FBI hanno portato sotto sequestro il sito di Kim Dotcom, hanno chiuso i battenti volontariamente o hanno almeno fatto un passo indietro, limitandosi a fungere da servizi di storage remoto senza alcuna funzionalità aggiuntiva. Un nome, però, sembra in questa fase distinguersi dalla massa: trattasi di RapidShare, che nel tempo ha tentato di percorrere una strada propria e che oggi non cambia opinione.
Oggi, anzi, rivendica la propria diversità. Ne fa un cavallo di battaglia. Ne fa il proprio biglietto di presentazione.
A spiegare il concetto è direttamente il portavoce RapidShare Daniel Raimer, secondo il quale (rispondendo a domanda specifica) circa il 5% del materiale ospitato sui server del servizio sarebbe illegale. Ma non è questa una reale ammissione, quanto piuttosto una semplice stima: il gruppo non ha elementi per valutare la legittimità o meno dei file, ma una analisi dei dati di download rende chiare certe dinamiche e consente di capirne l’origine. Tuttavia, secondo Raimer, tale percentuale è di per sé insignificante poiché il rischio è quella di usare il numero come termine di paragone.
Secondo RapidShare, insomma, non è importante capire quanto materiale fosse illegalmente caricato su Megaupload: quel che conta è il modello posto in essere. La colpa di Megaupload, insomma, non sarebbe quella di aver ospitato materiale pirata, quanto piuttosto quella di aver incoraggiato questo tipo di attività: premiare chi carica materiale vietato mediante appositi programmi di incentivo è ciò che siede Megaupload dalla parte del torto. L’assenza di tali pratiche è ciò che siede, quindi, RapidShare dalla parte della ragione.
RapidShare rivendica inoltre il proprio atteggiamento proattivo: sebbene si neghino responsabilità circa il fenomeno della pirateria, il gruppo promuove un atteggiamento responsabile che, a partire dai servizi di hosting fino agli Internet Service Provider, dovrebbe collaborare nel tentare di soffocare la pirateria nelle sue varie forme e nelle sue varie manifestazioni. Il gruppo nello specifico avrebbe un team dedicato per la valutazione degli abusi sui server, così da tagliare i ponti con le dinamiche più smaccatamente irregolari. RapidShare anche sotto questo aspetto sbandiera la propria diversità e non fa quindi passi indietro: Megaupload, Filesonic, FileServe ed altri sono qualcosa di diverso, che la stessa RapidShare addita e punisce.
Perché la pirateria, prima di essere sostanza, è anzitutto forma.
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