Prosegue il dibattito sulle norme chieste dalle major dell'audiovisivo. Il sì del Congresso potrebbe imporre pesanti limiti all'uso di Internet | |
Nella relativa indifferenza dell'opinione pubblica americana, preoccupata più dalla situazione economica che dai dibattiti sulla Rete, procede negli Usa un dibattito legislativo che potrebbe portare all'approvazione di una legge che, di fatto, porrebbe termine a Internet così come conosciuto finora dagli internauti americani. Lo StopOnlinePiracyAct (Sopa) – che dovrebbe essere nuovamente discusso il 15 dicembre dalla commissione Giustizia della Camera - è l'ultima è più minacciosa incarnazione dei vari tentativi posti in atto da tempo da parte dei rappresentanti delle major dell'audiovisivo, come la Motion Picture Association e la Recording Industry Association of America. Promotore dell'iniziativa è il deputato repubblicano Lamar Smith a cui si sono aggiunti in seguito 24 altri politici di entrambi gli schieramenti. L'intenzione, dichiarata, del provvedimento è quella di aumentare la protezione dei prodotti dell'ingegno americani e combattere la distribuzione illegale di beni contraffatti attraverso i siti Internet. Secondo Smith, “il furto di proprietà intellettuale costa all'economia degli Usa più di 100 miliardi di dollari ogni anno e provoca la perdita di migliaia di posti di lavoro”. La maniera di combattere queste storture, però, sta suscitando aspre controversie. Gli oppositori, dei quali fanno parte, fra gli altri, aziende come Facebook e Google e la Consumer Eletronics Association (che rappresenta più di 2.000 operatori del settore) affermano che, al contrario, il Sopa avrà un effetto deteriore su uno dei settori più brillanti dell'economia americana, quello legato a Internet, soffocando la creatività, l'innovazione e la crescita. Associazioni che si battono in difesa delle libertà digitali come l'Electronics Frontier Foundation, sostengono che il provvedimento “ucciderà Internet” e si tradurrà in una forma di censura della libertà di espressione rischiando di affossare non soltanto i siti “canaglia”, ma anche voci perfettamente legittime, che potrebbero però essere messe a tacere con la scusa della violazione del copyright. Destano forte preoccupazione in particolare alcuni punti della legge in discussione: la possibilità di mettere fuori legge lo streaming di contenuti protetti da copyright senza autorizzazione (il che rischia di far chiudere anche un colosso come YouTube), la “licenza di uccidere” concessa ai provider che potrebbero rendere di loro iniziativa, inaccessibili dei siti che ritengono ospitare materiale piratato, senza rischiare ripercussioni sul piano giudiziario, il divieto per i motori di ricerca di indicizzare tali pagine. Si tratta, secondo i detrattori della legge, di provvedimenti che andrebbero a stravolgere la struttura stessa di Internet, minando quel patto di fiducia fra navigatore e provider che fa sì che il primo, digitando il nome di un dato sito nella barra degli indirizzi, sia sicuro di veder apparire un preciso contenuto; qualcuno, esagerando un po', ha paragonato per questo motivo il Sopa al Grande Firewall attraverso cui si esercita la censura in Cina, con cui avrebbe in comune il fatto di essere una barriera che impedisce di accedere ai siti sgraditi alle autorità. Ci sono poi altri del Sopa punti meno tecnici, ma ugualmente controversi: il più dibattuto è la legittimazione dello strangolamento economico dei siti ritenuti fuori legge. Prendendo spunto dalla vicenda di Wikileaks, messo in ginocchio dall'embargo sulle donazioni attuato da PayPal, Mastercard e Visa, Lamar Smith e colleghi vogliono dare la possibilità ai detentori del copyright di esigere, una volta inviata una notifica per sospetta violazione del diritto di autore, che chi gestisce i pagamenti chiuda i rubinetti al sito incriminato. PayPal e soci a questo punto hanno 5 giorni per dar corso all'ordine e nello stesso lasso di tempo il sito colpito può emanare una contro-notifica. Di cui però né i difensori del diritto d'autore né il servizio che gestisce le transazioni online avrebbero alcun obbligo di tenere conto. via |
domenica 4 dicembre 2011
Gli Usa studiano il grande Firewall
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