mercoledì 29 febbraio 2012

Che fine ha fatto Google+?



Lo scorso 29 giugno, esattamente otto mesi fa, non c’era giornale (tecnologico e non) che non parlasse diGoogle+ e delle rinnovate ambizioni di Mountain View nel mondo dei social network. Da quel giorno, però, l’interesse verso quello che tutti (forse un po’ frettolosamente) hanno ribattezzato l’anti-facebook per eccellenza sembra essere andato via via scemando.
I dati sul numero degli utenti, a dire il vero, non sono poi così sconfortanti: le ultime rilevazioni parlano di 90 milioni di iscritti. Ciò che dovrebbe preoccupare Larry Page e compagni è semmai il grado dicoinvolgimento degli stessi. Secondo i dati ComScore (ripresi ieri dalWall Street Journal), un utente di Google+ trascorre in media 3 minuti al mese all’interno del servizio, contro i 405 di Facebook, gli 89 di Pinterest e Tumblr, i 21 di Twitter e i 17 di LinkedIn. Anche il moribondo MySpace, con i suoi 8 minuti al mese, fa meglio di Plus.
E insomma sembra proprio che dei quasi 100 milioni di utenti del progetto social di Google una buona parte si sia iscritta per curiosità ma che poi, col passare del tempo, si sia quasi dimenticato della sua esistenza. Come dire che più che il posto migliore per coltivare le relazioni e gli interessi, Google+ sembra essere una città popolata da fantasmi. Almeno per ora.
Sugli errori di valutazione commessi da Google ho già detto in tempi non sospetti, così come della mossa (un po’ furbetta a mio modo di vedere) di portare (o forzare?) gli utenti a entrare nelle cerchie per vie traverse (ad esempio passando dal motore di ricerca).
Mi sembra opportuno però aggiungere una considerazione: non è vero, come hanno scritto in molti, che nella nostra vita digitale c’è posto solo per un social network. Il successo di Pinterest, tanto per citare il caso più eclatante, ci dice anzi il contrario.
Il punto è semmai un altro. La gente vuole qualcosa di completamentediverso da Facebook, che sappia proiettarla in un Universo a sé.
Torniamo per un momento a Pinterest. Al di là di certi meccanismi tipici del mondo social (il repinning in fondo è una versione riveduta e corretta del retweet) l’idea di fondo - e cioè quella del social photo sharing - è piuttosto distante da quella di Facebook. E lo stesso può dirsi di Twitter, LinkedIn, Tumblr e di tutti i vari parenti (alla lontana) del social network di Mark Zuckerberg.
Insomma, molti se lo sono chiesto da subito: cosa posso fare di diverso su Google+ che già non faccio su Facebook? Le tante sbandieratecerchie, da sole, non rappresentano un vero discriminante. Soprattutto per chi credeva che, passando a Google+, tutti i problemi di privacy si volatilizzassero. Anzi, a giudicare dagli ultimi sviluppi, sembra proprio che sotto questo profilo Google ci stia un po’ complicando la vita più che semplificarcela.

Nessun commento:

Posta un commento